Fashion Revolution Week 2020

Oggi è l’ultimo giorno della Fashion Revolution Week ma ci sono cose che non dovrebbero mai avere un termine, dovrebbero essere perpetue. Terminare e ricominciare. Parliamo di cambiamenti climatici, di zero waste, della plastica che ha invaso la terra e i mari, di biologico e naturale ma lo sapevate che l’industria tessile è la seconda più inquinante al mondo dopo quella petrolifera? Ci sono grandi aziende che si stanno dimostrando virtuose e stanno prendendo misure per cercare di ridurre il loro impatto sull’ambiente. Ma non c’è solo il clima. L’industria tessile coinvolge le persone, i lavoratori. E allora vi siete mai posti la domanda “Who made my clothes?”.

cartello

La Fashion Revolution Week nasce da una idea di Carry Somers e Orsola De Castro per commemorare l’anniversario della strage di Rana Plaza a Dhaka in Bangladesh. Il 24 aprile 2013 a causa del crollo del polo produttivo tessile, causato da un cedimento strutturale, persero la vita 1133 operai e oltre 2500 persone rimasero ferite. I segnali che l’edificio di otto piani stesse per cedere c’erano, infatti la banca e i negozi presenti nel palazzo chiusero ma ai lavoratori dell’industria tessile fu imposto di andare a lavorare. E l’edificio collassò.

La moda è una delle tante forme di bellezza, arte e creatività ma deve essere equa, con tutti. A prescindere dalla razza, religione, età e genere. La campagna internazionale Fashion Revolution prende il via nel 2014 con l’intento di promuovere la consapevolezza intorno al mondo della moda, chiedere chiarezza e maggiore trasparenza lungo tutta la filiera fino al consumatore. Si chiede che la moda sia etica e sostenibile.

Sono tanti coloro che hanno aderito alla Fashion Revolution e il mondo del commercio Equo e Solidale non poteva certo mancare a questo appello. Equo Garantito, Altromercato, altraQualità, Equomercato, Meridiano361 e Quid hanno deciso di costituire una partnership a sostegno dell’iniziativa della sesta edizione di Fashion Revolution.

La Fashion Revolution è l’occasione per mettere in luce e risalto una domanda più che giusta:  “Who made my clothes?”, “Chi ha fatto i miei vestiti?”. Perché ogni persona che fa parte della filiera della moda ha diritto ad essere equamente retribuita e propria ora che il mondo è colpito dalla pandemia di Coronavirus tutti hanno il dritto alla tutela della salute.

E allora “Who made my clothes?”.

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(Foto credit: Altromercato)

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